Primo contributo per la storia dei Piccardi di Bagno a Ripoli
Articolo del dr Paolo Piccardi
Circolano per Firenze alcuni Piccardi che, a precisa domanda, invariabilmente rispondono: "Noi siamo dei Piccardi di Bagno a Ripoli".
Cosa significhi esattamente questa affermazione nessuno lo sa, a parte ovviamente i Piccardi che ancora abitano a Bagno a Ripoli,. Evidentemente viene tramandata in famiglia, ma, attraverso i tempi, se ne sono perduti i dettagli. Sappiamo che dalle parti di Bagno a Ripoli c' è una villa Piccardi, adesso trasformata in residence. Inoltre, mio fratello Piero aveva scovato la storia della "Madonna Piccardi", un dipinto di Filippo Lippi, ora a Palazzo Venezia a Roma.
Nessuna altra notizia relativa ai Piccardi di Bagno a Ripoli.
Poichè da qualche tempo sto conducendo una ricerca sui Piccardi di Piandiscò (che mi ha portato alla conclusione che tutti discendono da due fratelli fiorentini, i quali, verso il 1425, comprarono un podere in quella zona) mi è venuta la curiosità di verificare se, per caso, anche i Piccardi di Bagno a Ripoli avessero una origine comune e se, infine, il ceppo dei due rami fosse unico.
Generalmente, la fonte principale per questo genere di ricerche è rappresentata dai registri parrocchiali, che è bene consultare partendo dalla data più prossima a noi, per poi andare a ritroso, purtroppo non oltre la metà del 1400, quando va bene, altrimenti ci dobbiamo fermare alla metà del 1500. Ai fini della mia ricerca erano, per il momento, inutili.
Altra fonte è costituita dal catasto del 1427, dal quale possiamo ricavare la composizione della famiglia, oltre alla descrizione dei beni e del genere di attività svolto.
Negli anni '70 le filze del catasto del 1427 furono elaborate al computer da un gruppo di ricercatori americani, che generarono un database con l'elenco completo dei fiorentini della città, senza estendere la loro indagine al contado. D'altra parte, la maggior parte dei possidenti di beni nel contado, anche se vi risiedevano, preferivano presentare la loro denuncia dei redditi ad un Gonfalone fiorentino, di loro scelta.
L' unico Piccardi contenuto nel database compilato dagli americani è Francesco di Paolo, il copista. Non c'è neppure il fratello Niccolò.
Purtroppo coloro che si avvicinano al catasto del 1427 per ricerche genealogiche considerano questo database come il Vangelo, mente, invece, è bene tenere presente che lo scopo degli studiosi americani era quello di condurre un' analisi socio-economica della comunità fiorentina, senza preoccuparsi eccessivamente dei singoli casi e di eventuali inesattezze a loro correlate.
Altro punto importante: la legge istitutiva del catasto obbligava tutti i cittadini a compilare la "dichiarazione del redditi" seguendo le indicazioni impartite e a portarla agli Ufficiadi del catasto presso il Gonfalone da loro prescelto (Firenze era divisa in quattro quartieri, a loro volta suddivisi in 16 Gonfaloni). Gli Ufficiali del catasto diponevano di una serie di scrivani, che ricopiavano le dichiarazioni ( che venivano chiamate "portate") su fogli di carta bambagina, che avrebbero costituito il "campione", dove venivano trascritte solo le informazioni utili alla determinazione della base imponibile e al computo delle imposte.
Gli studiosi americani lavorarono sui "campioni" e non sulle "portate". Anzi, ho il fondato dubbio che lavorarono sui microfilm e non sulle filze originali, quindi senza utilizzare gli indici che furono compilati nel 1700 e inseriti agli inizi delle filze stesse.
Questa breve digressione servirà in seguito, per spiegare come le ricerche siano state alquanto difficoltose e portate avanti solo grazie alla perseveranza e a un pizzico di fortuna.
La prima cosa che mi venne in mente, fu di consultare la filza relativa alle "portate" di Bagno a Ripoli, senza riuscire a trovarvi nessun Piccardi.
Presso l' Archivio di Stato di Firenze sono stati depositati dei fondi di privati che avevano condotto, professionalmente o per personale interesse, ricerche genealogiche.
Il fondo Ceramelli-Papiani prende il considerazione i Piccardi solo dal 1500, così come pure il fondo Sebregondi.
Nel 1657 Stefano Rosselli del Turco compilò il suo "Sepoltuario fiorentino", dove riportò non solo i sepolcri esistenti nelle varie chiese di Firenze, ma riprodusse anche gli stemmi, ordinando il tutto, alfabeticamente, per famiglie.
Alla voce Piccardi disegnò uno stemma con due leoni rampanti su di un pino (o quercia), poggiante su tre monticelli dipinti d'argento. A fianco scrisse: "Vicino al d° appresso al pilastro chiusino quadro di pietra senza alcun segno, e nel pilastro sulla faccia che guarda verso l' Altare grande è quest'Arme, che forse attiene a questa sepoltura con l' appié iscrizione. Al lib. del 1440 dice "di Giovanni di Jacopo merciaio". Dipoi vi è scritto Jacopo di Giovanni Piccardi."
In effetti, lo stemma in pietra c'è effettivamente, sul secondo pilastro della chiesa di Santa Croce, ma, leggendo bene l' iscrizione, il cognome è quello dei Bechi (di Michele di Francesco Bechi e suorum).
Ulteriore dubbio: se il Giovanni di Jacopo merciaio era morto nel 1440, perchè non aveva compilato la portata al catasto del 1427? da qualche parte doveva pur essere.
Le ricerche erano a un punto morto, anche perchè le mie indagini erano concentrate sui Piccardi di Piandiscò, dato che non riuscivo a trovare una sentenza di condanna della Biagia, moglie del copista. Spulciando tutti gli inventari che avrebbero potuto condurmi a un provvedimento di autorità, mi imbattei in un Giovanni di Jacopo Piccardi, podestà di Vinci nel 1437. Forse si trattava del "merciaio" sepolto in Santa Croce.
Riuscii a rintracciare tre lettere che lui, firmandosi effettivamente Giovanni di Jacopo Piccardi, inviò ai Signori fiorentini per questioni che riguardavano un' epidemia che affliggeva la zona di sua competenza, oltre ad alcune questioni con alcuni indisciplinati, che il Piccardi, per non avere grane con i suoi superiori, sbattè sbrigativamente tutti in prigione.
Avuta la certezza che questo Giovanni di Jacopo era veramente esistito, mi misi nella paziente opera di visionare tutti i microfilm relativi ai Giovanni di Jacopo che presentarono la loro dichiarazione al catasto del 1427, arrivando finalmente alla dichiarazione di "Giovanni di Jacopo merciaio" del Gonfalone Ruote. Mi vado a leggere la portata originale ed ecco la sorpresa: oltre al nome che già conosciamo, trovo l' aggiunta "altrimenti detto Giovanni di Jacopo Piccardi".
Ecco finalmente rintracciato il misterioso individuo, che, in effetti, dichiarerà di possedere beni nel Piano di Ripoli, come si può leggere nella trascrizione della sua portata
CATASTO 1427
Filza 36
S. Croce - Gonfalone Ruote
Pag. 521 Portata originale
Al nome di dio adi di luglio 1427
Inanzi a voi signori uficiali del catasto qui apiè vi dico la sustanza di me Giovanni di Iacopo merciaio altrimenti detto Giovanni di Jacopo di'Ugolino Pichardi del Gonfalone delle Ruote ha di prestanzione in detto Gonfalone delle Ruote f. 11 l. 16
Giovanni di Iacopo d'anni 53
Monna Tita sua donna a. 40
Iacopo di Giovanni nostro figliuolo a. 19
Gherardesca mia figliuola a. 14
la Pippa mia figliuola a. 8
Mariotto mio figliuolo a. 5
la Maria nostra schiava la quale ho allevata e tengo come mia figliuola costommi da Zanobi di Bezzino giae anni 15 f. 50 d'oro
Le sustanze mie son queste:
Una vigna di st. dalle 13 alle 14 posto nel comune di castello San Giovanni luogo detto al Cesto più un casolare. A mezzadria
Un podere con casa e forno da lavoratore in piano di Remole popolo si Santa Maria a Remole confina ... e da quinto Vieri e Agnolo Piccardi e da sesto Vieri e Agnolo Piccardi
Un poderetto piccolo a S. maria a Remole confina ... a sesto Vieri e Agnolo Piccardi
Un bosco con casa da cittadino a S. maria a Remole confina con un bosco di Vieri e Agnolo Piccardi
Un podere a San martino a Quona
Una casa in Firenze in via Ghibellina popolo di San Piero Maggiore confina .... a quarto la chiesa di San Benedetto della piazza delle pallottole a quinto la compagnia dei preti
di via di Sangallo
Tengo a pigione da detta chiesa di S. Benedetto una casetta che ne fo stalla
Una casa posta in via pettolini presso a S. Ambrogio
Al monte circa f. 3500
Debitori
...........
..........
Ugolino di Pagolo detto Grigo
.............
tot. f. 1250
Denari perduti
Della ruberia fe il re d' Araona a Napoli perduti f. 250
Il re di raona ci tolse il grano e menollo a Napoli
Creditori
..........
...........
Francesco di Mariotto Baldovinetti
Questo documento, finalmente, attestava la presenza dei Piccardi a Bagno a Ripoli, anche se il Giovanni di Jacopo abitava in via Ghibellina a Firenze, dove svolgeva una remunerativa professione mercantile.
Fra i debitori elencati ho trascritto solo Ugolino di Pagolo, detto Grigo, perchè, secondo me, si trattava di un Piccardi. Nel 1457, infatti, presenterà la sua portata al catasto un Pagolo d' Ugolino Piccardi, che potrebbe essere suo figlio. Il soprannome "Grigo" non fa presagire niente di buono, ma è doveroso mettersi alla ricerca anche della sua portata.
Nel trascrivere la portata di Giovanni di jacopo, balzava agli occhi che il suo podere confinava con altri due Piccardi, Vieri e Agnolo, anche loro assenti nel database degli americani, con l'aggravante che la mancanza dell' indicazione del nome del padre mi obbligava ad esaminare le portate di tutti i Vieri e tutti gli Agnolo di Firenze.
Tempo perso, perchè nessun Vieri né Agnolo di Firenze possedeva terreni confinanti con Giovanni di Jacopo in quel di Bagno a Ripoli.
Decido allora di tornare alla filza 108, relativa alle portate del catasto del 1427 di Bagno a Ripoli, pensando di aver omesso qualche registrazione, nella speranza di scovare eventuali confinanti con i beni dei Piccardi. Ricerca vana.
Mi accorgo che ho guardato nella filza sbagliata, perchè, anche se i beni sono nel Piano di Ripoli, in realtà la località è Remole, quindi Filza 109.
Nessun Vieri o Agnolo, né confinanti, ma mi imbatto in Nese di Marco, dell' Antella, che affida la compilazione della portata a Jacopo di Giovanni di Jacopo merciaio. La trascrivo tutta, perchè ci servirà per alcune considerazioni che seguiranno:
CATASTO DEL 1427
FILZA 109 - PIVIERE DELL' ANTELLA
CARTA 159
+ Al nome di Dio adì 15 d' Agosto 1427
Dinanzi a voi signori Ufficiali del catasto quine appiene vi dirò le sustanze
di Nese di Marco chiamato "Fiorentino" beccaio del popolo (cancellato: del comune di Fagiano
in quello di Pisa quartiere di S. Spirito) + di Santa Maria all' Antella e detto piviere.
Un 1/4 di casa posta nel comune di Santa Maria all' Antella che da primo confina Monna
Giovanna donna che fune di Nanni di Francesco da secondo Domenico di Bartolo lavoratore da 1/3
erede di pippo stamaiuolo da 1/4 Nanni di Segno. La detta casa è nel popolo di Santa Maria all' Antella
contado di Firenze che ne è la sua parte.
Uno staioro di terra posto nel popolo di Santa Maria all' Antella che da primo Domenico di Bartolo da
secondo erede di pippo stamaiuolo da 1/3 Nanni di Segno che fale fiorini 5 che recano ogni anno
staia sei in tutto che sono 3 in sua parte e e uno 1/4 di barole d' olio.
Ho da avere dal Comune di Fucecchio fiorini 230
che ne tengo il macello che ne cavo fiorini 20 a giorno
Ho da avere da Antonio di Piero Baroncini da Fucecchio fiorini 50
che n' ho l' anno d' interesse fiorini 4
Ho da avere da Andrea di Nicolaio di Fucecchio fiorini 34
che n' ho l'anno fiorini 12 di interesse per tutto
Ho da avere da Giugliano di Mascielino da Fucecchio fiorini 22 3/4
non ho l' anno di questi fiorini 22 3/4 nulla
Ho da avere da Pechi di Michele da Fucecchio fiorini 25
no gli credo mai avere perchè è povero e sta coi
bullettini (ingiunzioni di pagamento) più che mai
Ho da avere dal libro del campione dei beni del banco di Firenze
per carne data a certi soldati fiorini 63
Ho contanti fiorini 120 per le bestie per lo mio mestiere fiorini 120
Ho una casa con masserizie posta nel contado (cancellato: di Fucecchio) Fagiano contado
di Pisa con due staiora di terra che da primo confina la strada maestra, da secondo fossato
da terzo un chiasso stretto (viuzzo) da 1/4 Giovanni di Piero cittadino di Pisa che vale ogni
cosa in tutto fiorini 60.
Ho da avere da Piero di Antonio dall' Antella fiorini 8
Le gravezze mie sono queste:
Ho d' estimo all' Antella nel catasto di Firenze L. 4 d. 1
Al tempo nostro viene questo:
Nese di Marco chiamato Fiorentino di anni 65
e sono gottoso e infermo e vivomi in su queste rendite
Monna Giovanna mia donna d' anni 55
Io Jacopo di Giovanni di Jacopo merciaio ho fatto la presente scritta a preghiera di Nese
di Marco chiamato Fiorentino di mia propria mano.
Immediatamente successiva alla portata, c' è il seguente foglio aggiunto, compilato due anni dopo:
CATASTO 109
L' ANTELLA pag. 160
+ Adì XIII d' Aprile 1429
Dinanzi a voi signori ufficiali del catasto Nese di Marcho chiamato fiorentino da l' Antella abita nella podesteria di Santa maria a Trebbio chontado di Pisa e oggi di Firenze nel chomune di fagiano si voglio arogiere al mio valsente della mia iscritta ff. 100 però ch' io sono vecchio e non voglio ingannare la mia choscienza ch'ione poi pensato che di ciere bestie ch'io ne ho comperato e alchuno denaro chontante Io voglio arogiere ff. 100 alla mia iscritta e poch' io nosso iscrivere s' io preghato Giovanni di Jacopo merciaio mi farà la detta iscritta sono vecchio di 66 anni e sono ghottoso.
Ravvedimento operoso molto riservato, che Nese di Marco non affida alla penna di Jacopo, ma si rivolge direttamente al padre Giovanni di Jacopo Piccardi, merciaio.
I rapporti fra i due commercianti dovevano essere molto stretti. Nese di Marco, in pratica, non viveva all' Antella, bensì a Fucecchio, dove aveva i suoi commerci di carne e dove aveva comprato alcuni beni, tanto che in un primo momento si sbaglia nella sua "portata" e dichiara di abitare a Fagiano in provincia di Pisa. Cancella e scrive che abita all' Antella, dove gli risultava più conveniente depositare la sua dichiarazione. Anche l' appellativo "Fiorentino" si può giustificare solo per una persona che abita fuori di Firenze.
Il fatto di essere benestante e fornitore ufficiale di carni del comune di Fucecchio, probabilmente, lo poneva in una posizione di prestigio fra gli abbienti della zona e si può ritenere che la sua inflluenza abbia avuto un certo peso quando fu deciso di affidare a Giovanni di Jacopo la podesteria di Vinci, una carica di rango e remunerativa.
Proseguendo nella ricerca dei nostri Vieri e Agnolo, passai alla filza 110, che, in realtà, è relativa al Galluzzo, ma che comprende anche la frazione di Remoluzze e, questa volta, finalmente, con successo.
Ecco la loro portata:
CATASTO 1427
Filza 110
Remoluzzo
Pag. 724
+ Al nome di Dio adì 12 Luglio 1427
Dinanzi a voi signori ufficiali del catasto qui a piè vi dico le sustanze di noi Vieri e Agnolo di Giovanni Piccardi
Vieri di Giovanni Piccardi di anni 62 )
( Nobili del Contado sono
Agnolo di Giovanni Piccardi di anni 48 )
Monna Domenica donna di Agnolo di Giovanni di anni 20
La sustanza nostra si è questa nel quartiere di Santa +
Un poderetto di staiora 18 a seme posto nel popolo di Sta maria a Remole che da primo il fiume d'Arno e da secondo Giovanni di Jacopo Piccardi e da terzo la strada maestra e da quarto l' erede di Antonio di Antonio di Piero del Papa con casa dove abitiamo noi Vieri e Agnolo Piccardi senza casa di lavoratore. Il lavoratore istà nel popolo della Pieve a Remole. Per insino al dì d'oggi l'ha lavorato Giovanni di Bandecco del popolo si S.ta Maria a Remole e pell' avvenire lo lavora Antonio di Piero chiamato il becco del popolo della Pieve a Remole.
In detto podere si ricoglie in nostra parte
Due moggia di grano |
Due cogno di vino comunale | Vale detto podere
Quattro staia di fave | fiorini trecento inanzi
Libbre cento di carne | meno che non è
Quattro serque d' uova |
Un paio di capponi |
Acci a dare il lavoratore che lavora il detto luogo f. 9 e grossi 6 cioè quello che vi trova suso ad agosto che viene. Il bue con che si lavora è del lavoratore.
Un bosco posto nel detto popolo di S. maria a Remoli di st. 3 che da primo Giovanni Piccardi da secondo Apardo Donati da terzo l' erede di Antonio di Antonio di Piero del Papa.
Detto bosco è un bosco di legna di quercioli lo curiamo di tempo in tempo noi.
Le gravezze loro son queste ànno f. 14 d'estimo per nobile
ànno a dare ad altrui a più persone
a Messer Palla di Messer Palla degli Strozzi cioè Agnolo di Giovanni detto Pizzica f. 25
A Lamanno di Michele di Vanni degli Albizi f. 21
Sano di Filippo sarto l. 20
A Tegnino calzolaio alla piazza di San Piero l. 2
E più ànno a dare a libro del comune per resto di loro ragione f. 25
E piue ànno a dare a Nanni calzolaio istà in Orsanmichele f. 0 l. 20
Questa iscritta ò fatto io Luca di Guido merciaio a preghiera del detto Vieri e Agnolo di Giovanni
adì 12 di luglio 1427.
Finalmente due Piccardi che non solo non occultano il loro cognome, ma che, anzi, tengono a evidenziare che sono "Nobili del Contado". Infatti non sono inurbati, come la maggior parte dei nobili del contado dovettero fare per le continue pressioni del Comune fiorentino, ma presentano la loro portata nel contado, come i contadini e gli artigiani.
Benchè vantino conoscenze altolocate come Palla Strozzi (anche se la vicinanza di uno chiamato "Pizzica" con Palla Strozzi apre scenari inquietanti), dovevano essere gli ultimi discendenti di una famiglia nobile che doveva aver visto tempi migliori. Successive indagini potranno scoprire se almeno Agnolo ebbe figli e che fine fecero.
Nel menzionare il confinante Giovanni di Jacopo, gli attribuiscono il cognome Piccardi ma non indicano nessun vincolo di parentela. Non era neccessario, né tantomento obbligatorio, ma in altre portate i legami familiari vengno spesso indicati.
Stabilito che si trattava di Nobili del Contado, era possibile fare altre ricerche, perchè questa categoria di cittadini era sottoposta a gravezze separate, almeno fino alla riforma del Catasto del 1427.
Infatti, il registro dell' Estimo del 1362, riservato alle gravezze sui Nobili del Contado, riporta nel popolo di Santa Maria de Cintoria:
Picchardinus Picchardi
Acceritus Picchardi
gravati ambedue per 1 fiorino.
Questo è quanto è salto fuori finora. La ricerca può andare avanti perchè esistono altri registri delle gravezze dei Nobili del Contado da esaminare e perchè sono certo che da quel Giovanni di Jacopo di Ugolino Piccardi discesero i vari Mariotto, Ugolino, Paolo e altri, che ritroveremo nelle portate al catasto successive al 1427 e che rivestiranno cariche pubbliche (uno sarà Podestà di San Casciano).
Se alla fine del 1300 salterà fuori un Pagolo, l' ipotesi del ceppo comune fra i due rami dei Piccardi potrà contare su basi più consistenti, perchè il copista si chiama Francesco di Pagolo, ma del padre non ho trovato alcuna traccia, forse perchè nel 1427 era già morto.
A guardare bene, in effetti, quell' Ugolino di Pagolo detto Grigo, che appare come debitore nella portata di Giovanni di Jacopo di Ugolino merciaio, non ha il cognome Piccardi, ma mi riporta direttamente al quel Paolo di Ugolino Piccardi, che nel 1457 dichiarerà al catasto di avere 35 anni e di fare lo stovigliaio con forno sul greto dell' Arno, presso la Porta a San Niccolò.
Se la costanza sarà premiata, da qualche parte salterà fuori anche la portata di questo Grigo, e se risulterà padre di un figlio di nome Palese, che rimarrà orfano e che verrà adottato dal copista Francesco di Paolo, che lo dichiarerà, nel 1433, come suo nipote di anni 8, il cerchio sarà chiuso.
Puntata di oggi:
Eravamo arrivati alla pag. 22 della filza 82 dell' estimo (Gravezze dei Nobili del Contado del 1362), Santa Maria a Cintoia, con Picchardinus e Acceritus Piccardi, gravati ciascuno di f. 1.
La quali totalità dei personaggi contenuti nella filza 82 pagava fra 1 e 2 fiorini. Solo un certo Masi ne pagava 30, un altro tizio 25, ma il 99% non superava i quattro fiorini.
Finalmente, a pag. 42 trovo Santa Maria de Remole con i nostri:
Ugholinus Picchardi f. 35
Paulus Ugholini f. 5
Jannes Ugholini f. 5
Jacobus Ugholini f. 5
Joh.es Picchardi vocatus PORCELLONE f. 10
Due considerazioni:
1. fra tutti i nobili del contado fiorentino, solo Ugolino arrivava a pagare 35 fiorini. Anche i 5 e i 10 fiorini degli altri sono un' eccezione
2. Fra i nostri antenati avevamo già incontrato Ugolino di Paolo, che nel 1427 veniva chiamato IL GRIGO (soprannome che fa presagire sinistre attitudini) e che io ritengo possa essere il padre dei due fratelli che si insiediarono a Piandiscò.
Adesso abbiamo Giovanni, chiamato Porcellone.
Stamani ho consultato il manoscritto (21 volumi) finito nel 1901 da Luigi Torrigiani, notaio di Bagno a Ripoli.
Descrive dettagliatamente Bagno a Ripoli, ma raramente risale oltre il catasto del 1714.
Comunque, parlando della villa e podere di Remole, dice che nel 1714, Gonfalone Leon Nero, appartenevano
ai fratelli BECHI (quelli dello stemma scambiato per Piccardi).
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